"Disturbi del desiderio" è in effetti ben più di una semplice plaquette, ben più di un lavoro di avvicinamento all'insieme di un'opera completa, risultando con immediatezza i tratti di una fisionomia netta ed energica e le fasi di un disegno molto controllato. Mary Barbara Tolusso ci coinvolge, passo su passo, nel suo vitale turbamento, che si insinua nella luce e nella sporcizia del giorno, negli interstizi dei suoi minimali accadimenti. Una quotidianità del corpo che dialoga a intermittenza con l'idea incombente del nulla, con il fantasma del non esserci più, della propria totale perdita, in cui non sarà neppure possibile trovare riscatto nell'abbandono del sonno. L'attenzione e la meditazione per immagini di questa poesia è attiva soprattutto negli aspetti, solo in apparenza scontati, della nostra inquieta, cupa o gioiosa animalità. Tolusso si muove su questi territori con voce robusta e scelte stilistiche libere ed efficaci nella loro varietà, nel loro rasentare in modo raboniano la prosa e nelle felici oscillazioni ritmiche di una musica interna estrosa pur nella sua sostanziale compostezza.
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